“cosa stiamo aspettando?”
autore: gigi piana e laura testa
anno: 2002
tecnica: n°3 monitor
La video-installazione cosa stiamo aspettando? è formata da tre monitor: nel primo è inquadrata una donna che parla, ma non sentiamo l’audio; nel secondo la stessa scena ha come protagonista un uomo; nel monitor centrale i due personaggi sono seduti ai bordi di un letto e ripetono alcune frasi come un mantra. La donna domanda “cosa stiamo aspettando?” a cui risponde l’uomo “che diventi troppo tardi”. La frase è una citazione da “Oceano mare” di Alessandro Baricco, qui portata nella sua declinazione più estrema: la vicinanza di due corpi contrapposta alla distanza di relazione che la frase genera. Il lavoro vuole sottolineare l’incapacità del genere umano nell’affrontare la Storia e le storie, la tendenza ad attendere la decadenza, senza reazioni.
Le due lune
autore: gigi piana
“tras_parente”
autore: gigi piana, laura testa
anno 2007
tecnica: video installazione su letto in miniatura.
tras_parente
È un lavoro che vuole mettere in luce un malessere, qualcosa di presente-stridente ma trasparente, indefinito, che divide, un malessere che abita silenzioso le nostre relazioni, la società in cui viviamo e taglia in due l’esistere e l’essere, anche individuale.
Una lastra di plexiglas divide una stanza, due persone sono vicine, si amano e tornano distanti; si fa buio, compaiono delle scritte, le parole che non hanno detto, all’altro e a sé, la volontà di accettare, accettarsi, anche nel malinteso…senza di te non sono nulla.
forse solo una mancanza o il mancato coraggio di abbattere una parete trasparente che ci limita
o semplicemente la menzogna di non accettare una realtà….il bisogno dell’altro (un amore ripetitivo, non meccanico ma che diviene scontato)
Le dimensioni ridotte del lavoro hanno la doppia valenza di ricondurre per contrappunto l’egocentrismo dell’uomo rispetto al resto ed alla volontà dell’arte di essere significativa solo se amplificata nelle dimensioni, nel multiplo.
Invito al viaggio
autore: gigi piana
“…è necessario, nel processo di conoscenza di un territorio, il perdersi (accantonare il già visto, il già sentito, il già conosciuto); necessita perdersi, vuotare la memoria per ritrovarla, nostra, più vera. Il percorso tra il perdersi e il ritrovarsi passa attraverso l’orientarsi, capire il territorio, l’esistente, perché quel percorso genera ambientamento, che consente esperienze personali e collettive che divengono tradizione in divenire.” (Franco La Cecla)
Siamo spesso convinti di conoscere il territorio dove siamo nati e cresciuti, ma dimentichiamo che ciò che sappiamo è filtrato dalle abitudini e del modus vivendi personale. Installare un labirinto in un luogo ordinariamente frequentato costringe a percorrerlo in modo diverso, abitandolo nuovamente. Obbliga a fare “mente locale” di nuovo e creare nuovi punti d’orientamento; apre nuove prospettive e possibilità di abitare lo spazio. Un invito ad essere viaggiatore straniero nel proprio territorio, per riscoprirlo alzando la testa con curiosità e con sguardi nuovi.
Siamo sempre altri e creiamo nuove “menti locali”, rimuoviamo preconcetti ed abitudini comprendendo altre parti di quel “patrimonio invisibile” che definisce l’unicità e la ricchezza di un territorio. Il territorio è anche mentale, abitiamo il nostro corpo… l’invito è al viaggio.
La giustizia siamo noi
autore: gigi piana
Siamo in ripresa
autore: gigi piana
“una terza cosa”
autore: gigi piana
anno: 2010
tecnica: plexiglas trasparente
Il lavoro indaga una delle tematiche più esplorate dall’uomo, la ricerca di “altro”, la via dell’equilibrio buddista, la trinità cristiana, la terza via di Joseph Beuys, che cerca l’uscita dal dualismo occidentale. L’opera è nata grazie ad una collaborazione con la danzatrice italo-olandese Gabriella Maiorino, in un progetto volto alla ricerca di un’espressione artistica tra danza e teatro, tra installazione e performance. La scritta “una terza cosa” si legge per sottrazione, creando un rapporto di interdipendenza tra vuoto e materiale trasparente. Il lavoro appeso e a terra non è fermo, ma soggetto a spostamenti, in divenire.